È morto Papa Francesco.
E stavolta non è una fake news.
Tutti, proprio tutti, lo stanno celebrando come il Papa del dialogo, dell’accoglienza, della pace, dell’apertura.
Un pontefice “progressista”, dicono. E lo era, in molti sensi. Ha fatto tremare qualche colonna troppo rigida. Ha fatto arrabbiare i custodi del “si è sempre fatto così”. Ha usato parole nuove, in luoghi dove si parla in latino.
Eppure, in mezzo a tanto dialogo, ce n’è uno che non ha mai neanche sfiorato: quello con i Liberi Muratori.
Già.
Perché mentre Francesco benediceva il dialogo tra religioni, tra popoli, tra culture, e persino tra atei e credenti… quando si trattava di Massoneria, la porta è rimasta chiusa. Anzi: la scomunica è rimasta al suo posto, lucidata e confermata.
Con tanto di documento ufficiale nel 2023, firmato dal Dicastero per la Dottrina della Fede: “inconciliabile”, hanno scritto.
Il motivo? La solita storia: sincretismo, relativismo, una visione della verità troppo… panoramica.
Insomma: il muratore costruisce, ma evidentemente non con i mattoni giusti.
Eppure, diciamolo: certe parole chiave della Massoneria, Libertà, Uguaglianza, Fratellanza, non suonano poi così diverse da quelle dell’enciclica “Fratelli tutti”.
E il concetto di “luce” che guida il cammino non è poi così distante da quello che illumina il cuore dei giusti, in tutte le religioni.
Allora perché questo gelo?
Perché il Vaticano parla con l’imam, con il rabbino, con il buddhista e con lo scienziato laico, ma non con chi porta al dito un anello con squadra e compasso?
Non lo so.
Forse fa ancora paura un’idea: quella che la verità, per essere davvero grande, debba stare comoda anche in un tempio che non ha muri.